Maritsa | Evros | Meriç
Appunti lungo la linea d’ombra dei Balcani
Studio Roma è un programma di ricerca transdisciplinare dell’Istituto Svizzero di Roma, che offre borse di studio a giovani artisti e ricercatori, sostegni alla mobilità internazionale e soggiorni di ricerca per studiosi finalizzati a costruire nuove pratiche pedagogiche nella produzione artistica e scientifica.
La prima edizione di Studio Roma ha intrapreso l’indagine del terremoto, in particolare delle sue linee di frattura, contigue e al contempo spezzate, che seguono il precipitare di una crisi. La seconda ha indagato la formazione di un altro tipo di linea, quella della separazione e della gerarchia, nelle sue estensioni e trasformazioni, tanto materiali quanto epistemiche.
“Imporre la distinzione tra esterno e interno è sempre stato l’atto con cui segnare il limite dell’impero, delle colonie, della sovranità nazionale. Dalla muraglia cinese al vallo di Adriano, dallo stretto sul Bosforo alla raya del 46° meridiano, dal vallo della Patagonia alle enclosure, dal filo spinato delle praterie alle 21 leghe del Benadir, confini immaginati hanno solcato i continenti per inventare comunità e proteggere appartenenze, linee fortificate si sono dispiegate tra dense popolazioni per imporre diritti proprietari e nuovi ordini di potere. Da sempre i confini hanno inciso la tela del mondo per segnare una differenza immediata, una distinzione tra due spazi contigui e incompatibili.”
Nel novembre 2014, insieme all’artista Gina Folly, Paolo Do e Salvatore Lacagnina ho viaggiato lungo il fiume Evros-Meriç che oggi separa la Grecia e la Turchia, porta verso l’Europa o l’Unione Europea per migliaia di migranti in cerca di possibilità. Per prepararci all’imminente ricerca sul campo abbiamo preso alcune note visive “sfocate”, tentando di trovare segni e tracce, senza lasciare spazio alla densità delle immagini che inutilmente affollano i media di tutto il mondo. ‘Cos’è un confine?’ – una domanda a cui le parole non possono mai rispondere. Queste fotografie sono state scattate e selezionate per Studio Roma Notes.
“Maritsa (Марица, in bulgaro) o Evros (Εβρος, in greco) o Meriç (in turco) è uno dei fiumi più grandi dei Balcani. Attraversa la Bulgaria e dopo un viaggio di 480 chilometri raggiunge la sua foce nel mar Egeo, vicino alla città di Enez che è attualmente territorio turco. Nella sua parte inferiore costituisce il confine, per alcuni chilometri, tra la Bulgaria (sulla sponda nord) e la Grecia (sulla sponda sud) e dopo aver attraversato la città di Edirne (in Turchia) segna il confine tra la Turchia (sulla sponda orientale) e la Grecia (sulla sponda occidentale).
Alcuni fiumi sono famosi per la loro parte in momenti storici significativi: la storia di civiltà, battaglie e città. Ma ogni fiume è un deposito di una trama infinita di storie. Chi vive vicino a un fiume lo vede come un mentore, un’enciclopedia, una bussola.
I fiumi hanno un posto così dominante nella letteratura e nel regno immaginario a tutte le latitudini che è impossibile citare esempi senza
impantanarsi in parzialità eccessivamente banali e inutili (da favole, miti, leggende, fino al romanzo moderno). L’Evros – Meriç, nel suo tratto finale, ha segnato un confine per quasi cento anni. È un mezzo per dividere il territorio e dividersi, la sua storia e le sue storie sono state trasformate, forse anche più di quanto si possa immaginare oggi. Per decenni questo fiume e questo confine hanno narrato la storia di una separazione coatta, di espulsioni, deportazioni, persecuzioni; le conseguenze di un’idea che la realtà dovrebbe adattarsi a un segno disegnato su una mappa.
Quando la storia di un fiume di confine smette di essere il progresso temporale che scorre verticalmente con o contro corrente? In che modo questa storia diventa narrazione del suo attraversamento, prendendo una direzione orizzontale?
L’Evros-Meriç è tornato alla ribalta quando migliaia di donne e uomini, in viaggio o in fuga (dall’Asia e dall’Africa) hanno iniziato ad attraversare il fiume, per lasciare i loro luoghi di origine ed entrare in Europa. Dopo la notizia, la storia dell’Evros – Meriç diventa storia giuridica, una storia di muri da erigere o di barriere da scavare, di sorveglianza e controllo, dell’Unione europea, polizia di frontiera, morti, centri di detenzione, avvocati, attivisti, accuse, condanne. Per usare le parole di Joseph Conrad, potremmo dire di moralizzazione e giurisdizione.
A ben guardare, la storia dei fiumi è sempre stata un “romanzo senza idillio”. Un luogo – una zona di confine in particolare – un viaggio, un attraversamento, una ricerca in situ, tutto richiede la presa di posizione, la definizione di un punto di osservazione che releghi l’imparzialità ad un ruolo necessariamente marginale. Queste esperienze di valore indefinibile sono esplose nella finzione, attesa da tempo dalla camera iperbarica della conoscenza oggettivata.
In situ, retorica e dimostrazione sono inesorabilmente collegate. Quindi domande iniziali come “Cos’è un confine?”, “Cosa succede su questo borderline? “,” Com’è possibile leggere e definirlo? “,” Quali storie e quale storia racconta questo fiume? “potrebbero trasformarsi in domande e ipotesi vive e incarnate, in cui i nuovi imperi d’Oriente e d’Occidente si incontrano e si scontrano, come le correnti di due mari.
L’Evros – Meriç non è il Congo di Heart of Darkness, eppure le ultime parole sbalordite pronunciate da Kurtz, due volte, sottovoce – quel grido quello non era altro che un respiro diretto chissà quale immagine, quale visione – ci accompagna lungo tutti i fiumi dove le delusioni della grandezza onnipotente del cosiddetto uomo occidentale che non smette mai di imporre e difendere la sua cosiddetta civiltà: ‘L’orrore! L’orrore!’”
(testo courtesy of Salvatore Lacagnina / Istituto Svizzero – STUDIO ROMA, Studio Roma Notes, Musumeci spa, Quart (AO), 2016 – all rights reserved).
Istituto Svizzero
Research
Grecia - Turchia
2014
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